Da “Mondo Padano” del 27-07-2021
MARCO ARCARI, MEMBRO DELLA SEGRETERIA DELLA CGIL DI CREMONA, FA IL PUNTO SULLA SANITÀ
«Nessuna reale volontà di cambiare»
La revisione della medicina di territorio non può essere sopperita da un nuovo ospedale
Marco Arcari, membro della segreteria della Cgil di Cremona, fa il punto sulla discussione in atto relativa al modello sanitario lombardo.
A che punto è questa discussione?
«Entro la fine del mese di luglio l’articolato della proposta Legge alle modifiche della L.R. 23/2015, dovrebbe trovare il suo completamento. Si apre favorevolmente al confronto preventivo con le Organizzazioni Sindacali Confederali, anche attraverso una partecipazione attiva alla formulazione di proposte in tal senso. Nonostante le aperture rivolte ai Sindacati, nel merito, registriamo forti elementi di criticità e contrarietà. Regione Lombardia intende mantenere l’attuale articolazione territoriale ATS ASST mantenendone invariati i “perimetri” e le attribuzioni fondamentali. In contraddizione con il concetto di “salute in tutte le dimensioni”, non si prevede la ricomposizione dei servizi di Prevenzione e si mantengono tutte le sovrapposizioni di competenza fra ATS e ASST. In nessun caso, a livello regionale e territoriale, si concepiscono luoghi istituzionali che prevedano il coinvolgimento con le parti sociali maggiormente rappresentative nei tavoli di programmazione. Il parere dei sindaci non è né obbligatorio né vincolate. Di contro è stato indicato il parere obbligatorio non vincolante degli ordini professionali e un maggior coinvolgimento di altri soggetti come quelli del volontariato. Nell’interpretazione del PNNR, Regione Lombardia trova una declinazione sommaria. Viene richiamato il Distretto che dovrà coincidere con uno o più ambiti sociali e vengono indicate e quantificate le Centrali Operative Territoriali (COT), le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità nel rapporto abitanti/strutture indicato, appunto, nel PNRR. Allo sviluppo sanitario del territorio, fattore cruciale di tutto il sistema sanitario regionale, è stata evidenziata la possibilità di consentire l’intervento del privato accreditato sia sanitario che sociosanitario nelle Case di Comunità o Ospedali di Comunità. Risultato: nessuna sostanziale modifica nel rapporto pubblico privato, quest’ultimo ribadito da Regione, virtuoso e paritario. Riscontriamo anche una totale assenza di politiche di revisione/sostegno sul comparto RSA/RSD».
Che giudizio date?
«Alla luce dei contenuti emersi dalle dichiarazioni e dagli incontri, sin qui svolti con Regione Lombardia, viene confermata la netta volontà di non rivedere il Servizio Sanitario Regionale e di non intervenire sul riequilibrio fra pubblico e privato, anzi, si rafforza il ruolo del privato anche nella medicina di territorio. Non s’intende valorizzare il servizio sanitario pubblico e non si interviene sulla revisione del sistema di accreditamento delle RSA. Allo stato attuale, il giudizio della CGIL di Cremona del percorso di revisione della “Legge 23” è fortemente negativo».
Quali sono le priorità da cambiare che avete individuato?
«La pandemia ha evidenziato le debolezze del nostro sistema sociosanitario, rendendoci più consapevoli dell’importanza di un servizio sanitario universalistico e pubblico e del fatto che la spesa sanitaria, dopo anni di razionamenti e di tagli, debba considerarsi un investimento per il benessere di tutti. La riqualificazione del nostro sistema sanitario è possibile grazie anche alle risorse che nel corso dell’attuale emergenza pandemica si stanno attivando. Il PNNR è un’occasione straordinaria, se attentamente declinato sul territorio, per imprimere un forte cambio di rotta alla sanità di territorio. Proprio per questo le risorse disponibili non vanno sprecate e si giustificano solo se dal loro corretto e pieno utilizzo conseguirà uno sviluppo del Sistema Sanitario Regionale, per metterlo in condizione di rispondere in modo appropriato ad una domanda di salute che dovrà misurarsi, anche dopo la COVID‐19, con i problemi della transizione demografica, del conseguente aumento delle patologie cronico‐degenerative e con la possibilità del manifestarsi di nuove emergenze epidemiologiche e sanitarie». Come dovrebbe migliorare il servizio sociosanitario lombardo? «L’evoluzione del servizio sociosanitario, di cui la Lombardia ha più bisogno e che la legge 23 non ha realizzato, riguarda, anzitutto, un cambiamento centrato sulla prevenzione come fulcro del sistema sanitario e la prevenzione primaria alla base di tutte le attività preventive. Il governo della domanda e della rete d’offerta erogativa di prossimità in un unico punto di presidio fisico, chiaramente identificabile dal cittadino. Un Distretto sociosanitario, capace di realizzare un’effettiva integrazione fra professionisti e fra istituzioni, fra sociale, sanità e sociosanitario. Due sono gli assi fondamentali sui quali intervenire per riorganizzare i Distretti, a partire dal governo della domanda e dalla costruzione dei percorsi di presa in carico e della rete di offerta erogativa di prossimità. La nostra proposta si concentra su alcune problematiche di riorganizzazione del sistema di cura e assistenza, considerando anche le conclusioni del documento di AGENAS. D’altra parte, la modifica dei soli perimetri e della classificazione sistematica aziendale non sarebbe di per sé sufficiente a trasformare in meglio le prassi di servizio delle aziende riformate, come non lo è stato nel percorso attuativo della Legge 23». C’è anche un problema occupazionale? «Sul fronte occupazionale si riscontrano le carenze ormai divenute strutturali in tutto il comparto sanitario e socio sanitario. A partire dalle professioni a contenuto più complesso (MMG, PDLS, Infermieri), fino ad arrivare alle professionalità di complemento, ma di valore strategico, ASA, OOSS, al fine di consentire alla macchina sanitaria di funzionare in maniere efficiente.Da un decennio il problema è di costante attualità, con la pandemia è divenuto il problema prioritario».
In provincia in cantiere c’è il nuovo ospedale di Cremona: può essere una risposta al problema?
«L’Ospedale di Cremona, di recente, ha spento la cinquantesima candelina della sua lunga carriera di presidio della sanità cittadina e non solo. La sua non più giovane età vorrebbe una profonda ristrutturazione, nonché un adeguato aggiornamento alle moderne attività sanitarie ed anche, a nostro avviso, ad una apertura importante al mondo universitario, a Cremona assenza e non solo particolarmente carente, per le discipline mediche. Può essere una risposta al problema, ma non del tutto, ovviamente. Una profonda revisione della sanità di territorio non può essere sopperita dalla costruzione di un nuovo Ospedale: sarebbe troppo semplice e sicuramente trascinerebbe i problemi, oggi così evidenziati dalla pandemia, anche nel nuovo nosocomio. Le due azioni devono coesistere per avere una sanità universale efficacie ed efficiente, che risponda ai reali bisogni della cittadinanza. Le politiche ospedalocentriche, sin qui attuate, non hanno “pagato”, né sui livelli dell’offerta delle prestazioni né su quelli di prevenzione. Ben venga un nuovo Ospedale, ma non sia una struttura “vuota” di competenze, di nuove tecnologie sanitarie, ma bensì un vero anello di chiusura della catena di un sistema sanitario universale pubblico».