«Più welfare per lo sviluppo Persone e lavoro al centro»
Ecco le priorità, le indicazioni e la strategia di Marco Pedretti, segretario generale della Cgil di Cremona «La pandemia ha tracciato una rotta: da questa dannata esperienza dobbiamo trarre insegnamento»
Entra la prima voce del sindacato, nel dibattito sul futuro di Cremona: è quella di Marco Pedretti, segretario generale della Cgil di Cremona. Premette: «È da tempo che parliamo di futuro. I tavoli della competitività sono nati per fare rete, per mettere insieme le forze del territorio e progettarne lo sviluppo nello scenario ben de-scritto dal direttore Marco Bencivenga».
Si, ma ci state riuscendo? Le parole sono un conto, i fatti un altro…
«Forse no, ma passi avanti sono stati fatti. Condivido infatti che l’immobilismo sarebbe il vero errore. La crescita di un territorio deve tenere insieme più aspetti che contribuiscono allo sviluppo economico ma anche al benessere delle persone che ci vivono. Per parlare di futuro dobbiamo partire dalla pande-mia, perché peggio della pande-mia ci sarebbe non imparare nulla da questa dannata esperienza, che nella sua drammaticità è stata una grande occasione per ripensare svariati aspetti, accelerando alcuni processi co-me la digitalizzazione, le modalità di lavoro a distanza, ma soprattutto ci ha fatto capire che prima di tutto c’è la persona. Per questo ritengo fondamentale mettere al centro uno degli elementi che determina il benessere della persona, ovvero il lavoro. Lo sviluppo non può essere scollegato dalla qualità del lavoro, dal tipo di occupazione, dalle dinamiche salariali, dal rispetto delle regole contrattuali e delle norme sulla salute e sulla sicurezza del lavoro. Non a caso sono anni che chiediamo al mondo associativo imprenditoriale cremonese un’assunzione di responsabilità con la sottoscrizione di un protocollo sugli appalti privati. Lo chiediamo perché il committente spesso è causa delle condizioni dei lavoratori in appalto e della logica del massi-mo ribasso nell’affidamento dei lavori. Abbiamo assistito infatti ad anni di esternalizzazioni e appalti non solo legate a ragioni organizzative ma per la sola logica del risparmio. Oggi entrando in un’azienda troviamo tanti lavoratori con magliette di di-verso colore che spesso fanno lo stesso lavoro con retribuzioni differenti. Queste sono le cause della nascita del lavoro povero e non possiamo più tollerare che diventino elemento di competizione e di crescita delle nostre imprese».
Sviluppo e tutela dell’ambiente possono convivere?
«Il mondo è consapevole che l’Alternativa alla transizione ecologica è la catastrofe. Cop 26 di Glasgow si è chiusa con un accordo al ribasso e inadeguato rispetto ai cambiamenti climatici. È in atto uno scontro economico fra Occidente e paesi in via di sviluppo, fra chi ha più inquinato e chi lo sta facendo maggior-mente ora. Io penso che la strada sia tracciata e che l’Europa debba giocare un effetto traino verso il resto del mondo».
E Cremona?
«Cremona e l’Italia si collocano in questo contesto e dovranno fare la loro parte. Il problema non si pone tanto nella convivenza fra ambiente e lavoro ma nella sua gestione, sulla necessità di governare questi processi. La transizione ambientale e digitale cambieranno le nostre abitudini, gli stili di vita, l’organizzazione del lavoro nelle imprese, la tipologia di produzione. La riconversione non sarà indolore e lo stiamo già vivendo nel-l’industria dell’automotive» .
E quindi quali sono gli interventi che ritiene indispensabili ?
«Sono necessarie politiche industriali che sostengano nuove filiere e la creazione di nuovi po-sti di lavoro, un sistema di ammortizzatori sociali universale mutualistico e politiche attive efficaci e qui il territorio potrebbe svolgere un ruolo sostanziale».
Le imprese lamentano spesso la mancanza di alcune figure professionali.
«Per rispondere a questi bisogni in alcuni casi servirebbero interventi strutturali del sistema scolastico, ma per favorire l’in -crocio fra domanda e offerta diventano fondamentali i servizi di orientamento al lavoro e mettere in circolo le informazione. Per questo abbiamo promosso l’istituzione di un osservatorio provinciale con la presenza di istituzioni e associazioni in cui possano confluire queste informazioni a cui per ora non abbia-mo avuto risposte positive dal mondo delle imprese».
Cremona città universitaria è la grande sfida anche in questo senso?
«Di sicuro è una sfida attraentissima e una grande occasione per il nostro territorio. La ristrutturazione dell’ex caserma Manfredini per il Politecnico con il bellissimo Campus di San-ta Monica costituirebbero un polo universitario con grandi potenzialità. Condivido la ri-flessione del direttore che si porrebbe il tema di alloggi ade-guati e a prezzi accessibili per gli studenti, anche per non creare effetti distorsivi del mercato con ripercussioni sugli affitti delle famiglie. La presenza di giovani diventerebbe fra l’altro un fatto-re di grande rivitalizzazione del centro a cui dovremo risponde-re in modo adeguato».
Poi ?
«Altri aspetti che riguardano il benessere della persona sono senz’altro la salute, la presa in carico delle persone più fragili, degli anziani, attraverso un sistema di welfare inclusivo che sostenga le famiglie. Abbiamo sicuramente maturato su tutto il nostro territorio una rete socio-assistenziale di assoluto valore, che parte dalle tante Rsa e arriva ai servizi dei Comuni e dei piani di zona sulle politiche sociali» .
Il welfare può diventare elemento di sviluppo?
«Deve. Investendo sempre più nell’integrazione fra i servizi, nel differenziare gli interventi in base alle necessità degli utenti, attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie. Va rafforzata la sinergia del territorio per permettere a tutti indipendentemente dal Comune di residenza di ave-re gli stessi livelli assistenziali. Anche in questo ambito dovremmo porre maggiore attenzione nel riconoscere un’ad e-guata professionalità e relativo riconoscimento economico alle tante figure professionali ed educatori che operano in questi contesti. È un tema che riguarda i Comuni ma anche le Rsa, nelle quali troviamo la particolarità di vedere applicati diversi CCNL a l l’interno della stessa struttura con relative differenze economiche e normative per il personale. Il Covid ha messo in evidenza la necessità di sviluppare una medicina del territorio, di prossimità, di rilanciare il ruolo e il numero dei Medici di Medici-na Generale e tutti i limiti di una medicina ospedale centrica. Ha evidenziato altresì le lacune del rapporto pubblico privato. La revisione della L reg 23 e la declinazione delle risorse del PNRR hanno permesso di sviluppare il tema del territorio at-traverso le case e gli ospedali di comunità, ma la legge regionale cita anche l’equiparazione fra pubblico e privato, aspetto che la Cgil contesta».
Perchè?
«Non tanto per una logica ideo-logica, non stiamo sostenendo che il privato dev’essere chiuso, sarebbe fra l’altro impraticabile, ma che deve operare all’interno di regole chiare e di una governance pubblica. Altrimenti il privato fa giustamente ciò che conviene ed è più remunerativo e tutto ciò che non lo è resta in carico al pubblico. Ciò sta avvenendo anche in questo periodo in cui le strutture pubbliche rallentano o chiudono l’accesso al-le cure di alcuni reparti e la libertà di scelta del cittadino si traduce nell’aspettare mesi per avere una prestazione dal pubblico o nel pagare per averla in tempi rapidi dal privato».
Il nuovo ospedale, oltre a fornire ai cremonesi una nuova struttura, dovrà quindi diventare un’opportunità per ripensare il modello complessivo?
«Si, assolutamente. A partire dall’erogazione di servizi e prestazioni insieme alla valorizzazione del personale dei tre ospedali del nostro territorio e delle nuove CdC e OdC».
Quali scelte sono necessarie?
«Dobbiamo sicuramente soste-nere tutte le eccellenze produttive del nostro territorio come l’agroalimentare, tanto per citarne una, ma dovremmo nello stesso tempo valorizzare ancora di più le nostre unicità, che ci differenziano da altre province lombarde, come la liuteria e il fiume Po per sviluppare al meglio un turismo di prossimità. Un sogno nel nostro cassetto è la navigabilità del fiume Po. Il tema delle infrastrutture è determinante ed è stato ampiamente discusso nei tavoli della competitività, in cui si è prodotto un elenco di opere da realizzare, senza però riuscire a fare una scala delle priorità».
Con le tempistiche di realizzzione che restano un enigma.
«Quello è un aspetto che credo abbia colpito tutti. Penso ai due interventi che mi convincono più di altri, il raddoppio ferroviario Mantova Codogno e il prolungamento della metropolitana fino a Paullo. Per il primo è stato nominato il commissario ed è parzialmente finanziato, per il secondo ad inizio anno abbiamo letto interventi diversi sulla possibilità di finanziamento. Ma ipotizzando per entrambi un iter autorizzativo positivo, quando saranno funzionanti? Se va tutto bene ed essendo ottimisti forse fra dieci anni. Un tempo lunghissimo in cui rimarranno irrisolti tutti i problemi. Il tema dell’autostrada Cremona Mantova è un altro esempio classico».
Se ne parla da 20 anni…
«In effetti abbiamo assistito e stiamo assistendo a tante prese di posizione e a svariati annunci di realizzazione e non si è fatto nulla. Questa incertezza sulla realizzazione di opere pubbliche, i tempi lunghi e gli annunci continui rischiano fra l’altro di produrre una perdita di credibilità della politica verso i cittadini».
In conclusione: sintetizzando, di cosa ha bisogno Cremona?
«Sostenibilità economica ed ambientale, tempi e fattibilità dovrebbero diventare elementi fondamentali comuni di valutazione e con l’aiuto delle nostre università progettare il futuro tenendo conto delle innovazioni e dei cambiamenti che interverranno sulla mobilità, sull’alimentazione dei mezzi, sul rapporto di utilizzo fra mezzo pubblico e privato».