Spi Cgil L’allarme di Domenico Palmieri: «Pensioni, forte il divario di valore tra uomo e donna» – Mondo Padano del 12.01.2024

Spi Cgil L’allarme di Domenico Palmieri: «Pensioni, forte il divario di valore tra uomo e donna»

Lotta al gender gap

«Noi in prima linea anche per garantire trattamenti dignitosi e al livello del costo della vita. Riforma per uscita a 62 anni e 41 anni di contributi»

di Mauro Taino

Parliamo di pensioni con Domenico Palmieri, Segretario Generale SPI CGIL Cremona, il Sindacato Pensionati della CGIL, che offre una panoramica dettagliata sullo stato delle pensioni nella provincia di Cremona, evidenziando sfide e prospettive future.

Qual è la situazione attuale delle pensioni nella nostra provincia?

«A fine settembre 2023, nella provincia di Cremona, sono state erogate 117.174 prestazioni pensionistiche, 64 in meno rispetto al 2022 quando il totale erogato era pari a 117.238. L’importo medio delle pensioni è di 1.139,70 euro. Questo include pensioni private (59.540), autonome (39.463) e prestazioni assistenziali (18.160). Aggiungendo le prestazioni per i dipendenti pubblici, il totale sale a 143.770 pensioni».

La CGIL parla spesso di divari di genere, vale anche per le pensioni?

«Purtroppo sì. Analizzando i numeri si nota, e purtroppo non è una novità, un forte divario di genere. Se da un punto di vista quantitativo le pensioni erogate si suddividono in un 45% a pensionati uomini e 55% a donne, da un punto di vista qualitativo il divario è enorme: per gli uomini l’importo di erogazione medio è di 1.514,28 euro, contro gli 833,38 euro per le donne. Una differenza enorme, di 680,90 euro, che è relativa all’ammontare medio dei redditi pensionistici da vecchiaia e anzianità. La CGIL e lo SPI sono in prima linea per combattere le discriminazioni di genere, abbiamo a tutti i livelli un coordinamento donne dello SPI CGIL che si attiva attraverso iniziative e proposte. I dati ci mostrano quanto queste azioni siano importanti ancora oggi».

Cosa altro emerge da questi dati?

«Un dato che dovrebbe farci riflettere è quello demografico: se consideriamo il dato Istat del 1° gennaio 2023, della popolazione della nostra provincia (321.169), il 41% è in pensione. Dicendola più semplice, ogni 10 persone sono più di 4 quelle in pensione: oltre una persona su tre. La nostra provincia si posiziona al nono posto nella regione per numero di pensioni erogate, che va di pari passo con la popolosità, quindi questo dato non riguarda solo la nostra provincia, questo lo rende davvero allarmante. Un altro dato realmente preoccupante è il tema della distribuzione del reddito, che non lascia le pensioni esenti da disuguaglianze e povertà: circa il 65% (76.541) delle pensioni è inferiore a mille euro, mentre sono 17.048 le pensioni che superano i 2.280 euro lordi».

Quali sono le vostre proposte per una riforma delle pensioni che inverta questa tendenza?

«Il tema delle pensioni deve essere affrontato guardando all’equità del sistema con l’obiettivo di garantire trattamenti dignitosi e rapportati all’effettivo costo della vita, oggi e in futuro. Da tempo rivendichiamo nelle piattaforme unitarie, con CISL e UIL, l’approvazione di una vera riforma delle pensioni. Una riforma equa deve avere l’obiettivo di superare la Legge MontiFornero introducendo la flessibilità in uscita da 62 anni di età o 41 anni di contributi, ma deve anche affrontare le distorsioni e le contraddizioni del sistema contributivo e introdurre una pensione contributiva di garanzia per giovani, precari e discontinui. Inoltre siamo convinti che sia tempo di affermare il principio che i lavori non sono tutti uguali a tutela di quelli gravosi e precoci, così come è necessario riconoscere il valore del lavoro di cura e ridurre, se non superare definitivamente, la differenza di genere. Un sistema equo deve garantire la piena tutela del potere d’acquisto delle pensioni in essere, in primis aumentandone il valore, e ampliando la platea di pensionati a cui riconoscere la somma aggiuntiva cosiddetta “quattordicesima mensilità”».

E qual è, invece, la direzione che sta prendendo il Governo?

«Si continua a fare cassa sui pensionati, peggiorando il meccanismo di perequazione definito lo scorso anno, per blocchi, che taglia anche pesantemente le rivalutazioni di tutti i trattamenti superiori a quattro volte quello minimo, e non parliamo di redditi particolarmente alti. Si rivedono i valori soglia per il diritto alla pensione di vecchiaia e anticipata nel sistema contributivo ma senza introdurre strumenti di garanzia, come la pensione di garanzia, necessari per assicurare pensioni adeguate alle giovani generazioni che hanno carriere più discontinue e frammentate. Vengono riviste al ribasso le aliquote di rendimento per i dipendenti pubblici di alcune casse per gli enti locali (Cpdel), per la cassa pensioni sanitari (Cps), per la cassa pensioni agli insegnanti di asilo e scuole elementari parificate (Cpi), per coloro che hanno nel sistema retributivo un’anzianità inferiore a 15 anni. La rivalutazione, invece, non è un regalo e nemmeno un privilegio per i pensionati ma è l’unico meccanismo che può salvaguardare almeno in parte il potere d’acquisto delle pensioni. Il 65% dei trattamenti pensionistici sono inferiori ai mille euro al mese e l’inflazione colpisce molto di più i redditi più bassi. Siamo scesi in piazza perché convinti che le nostre richieste siano di puro buonsenso, e perché non solo non vengono ascoltate, ma il Governo non perde occasione per fare l’opposto. Nessuna delle nostre richieste trova risposta in questa Legge di Bilancio, che anzi decide ancora una volta di fare cassa sui pensionati».

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