Le ragioni della mobilitazione, intervista di Mondo Padano a Elena Curci

La CGIL, CISL e UIL hanno avviato una fase di mobilitazione che parte dall’organizzazione di Assemblee nei luoghi di lavoro e nei territori e si dà appuntamento in piazza con tre manifestazioni interregionali, tra cui quella del 13 Maggio a Milano. Ne parla Elena Curci, Segretaria Generale della CGIL Cremona.

Perché avete deciso di mobilitarvi?

Il mondo del lavoro è in estrema difficoltà e le richieste che poniamo al Governo e alle imprese sono le stesse che avanziamo da tempo. È necessario ottenere un cambiamento delle politiche industriali, economiche, sociali e occupazionali. È necessario ottenere concreti risultati al fine di tutelare i redditi dall’inflazione, adeguando il valore di salari e pensioni. È necessaria una reale riforma del fisco, che deve essere progressivo come da costituzione e garantire un sistema pensionistico che superi la legge Fornero, così come una riforma sulle non autosufficienze è urgente e oltre il tempo massimo.
Il sistema sociosanitario pubblico deve garantire il diritto universale alla salute e per farlo necessita di investimenti, così come il sistema di istruzione e formazione.

E poi c’è il tema sempre troppo urgente degli infortuni e delle morti sul lavoro.

Come pensate di attuare il cambiamento?

Cambiamento per noi significa anche mettere in campo le azioni necessarie a realizzare gli investimenti e le riforme previsti dal PNRR, rafforzando un modello di governance partecipata che veda l’azione congiunta di Governo, Regioni, Enti locali e Parti sociali, per attuare i progetti e per favorire la spesa effettiva ed efficace delle risorse previste; battersi per non tornare ai vincoli europei di bilancio prepandemici; contrastare le disuguaglianze con una riforma fiscale che preveda una tassazione maggiormente progressiva, in linea con i principi di equità sanciti dalla Costituzione italiana; puntare sul lavoro stabile e di qualità; rilanciare un nuovo ed esteso Stato Sociale; cogliere le sfide dell’innovazione, della riconversione verde, della valorizzazione della cultura e del turismo.

Che giudizio date del Documento di economia e finanza del 2023?

Il DEF è semplicemente inadeguato e non risponde ai reali bisogni del Paese: l’emergenza salariale non è per nulla affrontata, così come mancano risorse a sostegno di redditi da lavoro e pensioni. Anche sul nodo degli investimenti non si vedono scelte precise per il bene del Paese: non sono previste risorse aggiuntive al PNRR e ai Fondi strutturali. L’aspetto forse ancora più grave è la mancanza del coraggio di aggredire gli extraprofitti e i profitti di chi sulle crisi ha speculato. Ancora una volta, insomma, i salari restano inadeguati al costo della vita mentre i profitti non vengono messi in discussione.

Il Consiglio dei Ministri il Primo Maggio è sembrato una provocazione?

Per noi è stato un atto di propaganda e una mancanza di rispetto per i lavoratori. Il primo maggio è una ricorrenza conquistata con le lotte e gli scioperi. Non era la festa del Governo ma la giornata della dignità dei lavoratori. Erano lavoratori anche i giornalisti che hanno atteso una conferenza stampa sostituita all’ultimo da un video che ha più dello show che dell’informazione. Mi sembra che a questo governo, del lavoro, interessi realmente poco.

Un decreto lavoro che dà delle risposte?

Dà delle risposte che, però, sono quelle più sbagliate. In alcuni casi anche palesemente: il Governo per combattere la precarietà utilizza i voucher e la liberalizzazione dei contratti a termine. Noi chiediamo, e da tempo, di superare l’assurda giungla di contratti precari e di  introdurre un contratto unico di ingresso nel lavoro fondato sulla formazione e sulla stabilità dell’occupazione. Sono quattro mesi che non c’è confronto con i sindacati. Questa è una questione di metodo e di sostanza.
Anche l’unica scelta che va nella direzione giusta, se analizzata si rivela uno specchio per le allodole: il taglio del cuneo contributivo è una tantum, che dura il tempo di una stagione.

Il taglio del cuneo, però, significa più soldi in busta paga per i lavoratori. Perché non va bene?

La riduzione del cuneo contributivo va nella direzione giusta, è parte delle richieste da noi avanzate e su cui abbiamo organizzato anche uno sciopero generale con il Governo Draghi. Ma la misura approvata dall’attuale Governo resterà in vigore solo fino a dicembre.
Noi rivendichiamo di renderla strutturale e di reintrodurre il fiscal drag, senza il quale il maggior prelievo fiscale, dovuto all’inflazione, ridurrebbe il netto in busta paga. Per aumentare i salari, lo ribadisco, c’è bisogno di misure strutturali, di rinnovare i contratti nazionali e di indicizzare le detrazioni. Non di bonus buoni solo a dire “qualcosa abbiamo fatto”.

Vi aspettate una grande partecipazione alla Manifestazione?

Sì. È il momento giusto per mobilitarci. Lo conferma la grande partecipazione alle numerose assemblee di lavoratori e pensionati delle ultime settimane, ma anche il sentimento nei luoghi di lavoro. Lo ha dimostrato anche la prima piazza, quella di sabato scorso a Bologna.
L’emergenza salariale è insostenibile, la sanità pubblica è al tracollo, il livello di precarietà è inaccettabile e un sistema fiscale che premia gli evasori. Noi, con questa mobilitazione, vogliamo mettere al centro le proposte concrete in grado di affrontare i problemi reali di lavoratori e lavoratrici e dei pensionati e pensionate.

Potreste arrivare anche a uno sciopero generale?

Intanto riempiamo le piazze. Noi vogliamo dal governo le risposte che quotidianamente lavoratori, pensionati, cittadini chiedono e per raggiungere il risultato percorreremo tutte le strade, senza bruciare le tappe. Parlare di sciopero generale è oggi prematuro ma se continueremo ad essere inascoltati sarà uno strumento che non avremo paura di utilizzare. Ne va del bene collettivo del nostro Paese.  

 

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