Referendum: una delusione, ma non ci fermeremo. Serve una nuova alleanza tra democrazia e giustizia sociale.

Non è andata come speravamo, ed è inutile negarlo.
Siamo delusi dal mancato raggiungimento del quorum, perché non si trattava di un voto su un partito, ma di un’occasione per contrastare un mercato del lavoro sempre più precario e insicuro.

Il risultato rappresenta, prima ancora che una sconfitta politica, un segnale profondo di crisi democratica. Non è solo una consultazione fallita: è l’ennesima conferma della difficoltà, nel nostro Paese, a riconoscersi negli strumenti di partecipazione e a sentirsi parte attiva di una visione collettiva.

Il clima attorno al referendum – al netto del sostegno della “nostra gente” – è stato segnato da scetticismo, distanza, indifferenza. Le ragioni non mancano: un’informazione mediatica scarsa e frammentata, un dibattito pubblico polarizzato, ma soprattutto una sfiducia diffusa nella politica, percepita sempre più come autoreferenziale e distante dai problemi reali della vita quotidiana.

Quando il lavoro perde dignità, quando i diritti vengono ridimensionati, quando lo Stato sociale viene smantellato pezzo dopo pezzo, non sorprende che le persone smettano di credere nella possibilità di cambiare le cose.
Eppure, questo referendum – che toccava nodi cruciali legati al mondo del lavoro e alla giustizia sociale – avrebbe potuto essere un’occasione per invertire la rotta.

Nonostante l’esito, il percorso compiuto in questi mesi è stato importante. Ci ha permesso di tessere nuove relazioni e rafforzare alleanze con associazioni, movimenti e partiti. Il nostro auspicio è che questo lavoro comune possa proseguire nelle prossime sfide, con lo stesso spirito di condivisione e impegno per la difesa dei diritti e dei valori costituzionali.

I temi che abbiamo posto al centro di questa campagna non scompaiono con il risultato referendario. Continueremo a batterci contro la precarietà, per il contrasto ai licenziamenti illegittimi, per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

C’è bisogno di un progetto forte, collettivo, condiviso. Le battaglie della CGIL non si fermano: vogliamo rimettere al centro il lavoro come leva di emancipazione, la scuola e la sanità pubblica come fondamenta della cittadinanza.
Serve, in una parola, una nuova alleanza tra democrazia e giustizia sociale. Perché senza partecipazione, senza uguaglianza, senza lavoro dignitoso, la parola democrazia rischia di essere solo una parola vuota.

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