Armando Generali, Segretario Generale della Fiom Cgil di Cremona fa il punto sulla situazione che vive il comparto, a partire dalle situazione legate alle aziende del territorio, come Maschio e Vhit, senza tralasciare gli effetti generati dal conflitto in Ucraina.
Che momento vive il comparto?
«Nel primo semestre dell’anno il nostro settore nel complesso sul territorio è andato bene. Dopo un 2021 che ha messo in evidenza tutte le scelte sbagliate prese negli ultimi anni, che hanno portato a fermi produttivi ingenti, sembra vi sia una ripresa del mercato. Tra le principali cause che hanno portato a questa flessione del 2021 segnaliamo mancati approvvigionamenti di componentistica e semiconduttori, rincari delle materie prime e delle forniture energetiche, che già nell’ultimo trimestre dell’anno e prima ancora dello scoppio della guerra in Ucraina, avevano pesato non poco sul comparto».
Cosa vi aspettate per i prossimi mesi?
«Non è facile fare una previsione su come sarà il secondo semestre nel nostro territorio: sono molte le incognite, anche se un rallentamento degli ordinativi si comincia ad intravedere. Unica certezza, la difficoltà che troveranno i lavoratori stretti nella morsa inflattiva e dei rincari degli energetici importati. Gli ultimi dati di giugno d’anno l’inflazione all’8%, mentre i prezzi dei carburanti e dei costi energetici non accennano a scendere. Saranno necessarie risposte diverse e durature nel tempo, rispetto ai bonus che il governo mette in atto».
Come si schiera il sindacato metalmeccanici sulla tematica della guerra in corso in Ucraina?
«La Fiom è assolutamente contro la guerra e all’aumento delle spese militari, mentre siamo per il sostegno europeo e per la sicurezza europea tramite un negoziato tra le istituzioni politiche. Noi abbiamo la necessità di salvaguardare la popolazione, l’industria e l’economia europea. La guerra infatti non è mai la prosecuzione della politica con altri mezzi ma è la fine della politica e Questo conflitto armato è in realtà la prosecuzione di un conflitto economico».
In generale che prospettive ci sono nel futuro prossimo?
«Penso che il comparto metalmeccanico debba provare a tenere assieme il rapporto fra fabbrica, lavoro e ambiente. Un tema complesso per il nostro settore ma che è arrivato ad un punto di non ritorno rispetto al surriscaldamento climatico. Penso che la riconversione industriale debba prevedere un processo di costanti investimenti a lungo termine sugli impianti e sul rapporto fra questi e il territorio. Nella provincia della Siderurgia dovremmo far convivere le produzioni di acciaio e l’ambiente che lo circonda, investendo le rendite generate dagli operai in processi di ambientalizzazione».
Che novità ci sono riguardo alla situazioni Maschio e Vhit?
«Ad oggi non abbiamo novità importanti a riguardo, ma ci auguriamo di definirle quanto prima, per dare una continuità al lavoro fatto finora. La situazione in Maschio Gaspardo è la seguente. L’azienda da anni aveva chiesto il cambio di destinazione d’uso al comune della sede cremonese da area industriale ad area commerciale e con il plus valore del cambio di desti nazione d’uso avrebbe investito e ristrutturato una azienda in disuso nel comune di Pozzaglio ed Uniti acquistata dal fallimento qualche anno fa. A fine settembre 2021 il comune di Cremona ha chiuso a questo cambio di destinazione d’uso e ad oggi siamo in una fase di stallo per il piano industriale che prevedeva lo spostamento, pertanto si continua a lavorare nel sito di via Bredina. Per quanto riguarda la Vhit, invece, nel mese di febbraio è stato siglato l’accordo per il passaggio della società tra la Bosch e la Weifu con l’acquisizione di quest’ultima di tutte le azioni Vhit. Ad oggi siamo in una fase di attesa in cui per concludere il passaggio si dovrà attendere il parere dell’antitrust: un minuto dopo chiederemo alla nuova proprietà un piano industriale che dia ai 500 dipendenti le garanzie occupazionali e industriali di medio e lungo termine nello stabilimento di Offanengo».
In tema di contratti, quali criticità e prospettive ci sono per il Ccnl?
«Nel nostro settore abbiamo quattro contratti nazionali e tutti sono stati rinnovati nel 2021. Le criticità che possiamo riscontrare sono che, nonostante i rinnovi abbiano portato miglioramenti normativi e aumenti salariali, rischiamo con l’esplosione del carovita di perdere ulteriore potere di acquisto e per questo che bisognerà trovare soluzioni strutturali sia contrattuali che legislative».