Oltre 1 miliardo e 300 milioni euro non spesi per la sanità. Inaccettabile e ancora una volta a farne le spese sono i cittadini

L’intervista Domenico Palmieri, segretario dello Spi Cgil, interviene sul “caso” sanità e Rsa

Situazione esplosiva

«I rincari sulle rette stanno diventando insostenibili. Oggi ricoverare un anziano in una struttura costa alle famiglie mediamente 2mila euro al mese»

 

Domenico Palmieri, Segretario Generale dello Spi Cgil, affronta i problemi legati alla categoria ed in particolare sulle risorse destinate alla sanità e sulla situazione nelle Rsa.

 

E’ stata pubblicata la relazione della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti sul rendiconto dell’esercizio 2021 di Regione Lombardia: cosa ne pensa?

«Siamo rimasti sconcertati nel leggere la relazione: 1.321.000.000 milioni di euro immobilizzati e non spesi nel corso dell’anno 2021 per quanto riguarda la Sanità e il socio assistenziale da parte di Regione Lombardia. La stessa Corte ammette che emergono seri dubbi sull’immobilizzazione di queste risorse, che sembrano restare così sottratte al raggiungimento degli obiettivi sulla salute. Questa cifra si aggiunge al fondo iniziale di 7.724.339.796 portando ad un totale di cassa al 31 Dicembre 2021 pari a 9.046.326.569 euro. Ma come se non bastasse, si evince nella stessa relazione della Corte che rimangono non soddisfacenti i livelli di realizzazione della spesa finanziata con i fondi finalizzati al Covid19 dove sono stati spesi solo il 59% delle risorse. Ora davanti alle tante emergenze di questi ultimi anni, non riusciamo a capire il perché non siano state spese queste risorse. Sarebbe molto lungo l’elenco sia delle priorità e sia delle emergenze soprattutto all’uscita della prima fase pandemica e sapere che ci sono risorse non utilizzate ci riempie di rabbia».

 

In particolare, cosa contestate?

«Mi preme però fare un piccolo esempio per  capire  meglio. Sul capitolo assistenza domiciliare integrata (Adi), “che tanto sarebbe stata d’aiuto in fase pandemica”, la Regione Lombardia non è riuscita a spendere le risorse messe a disposizione dal Governo. La Regione ha ricevuto dallo Stato (DL 34/2020) circa 28 milioni di euro da destinare all’Assistenza Domiciliare, ma ha usato solo 2 milioni di euro. La destinazione delle risorse ADI è vincolata alle strutture pubbliche che gestiscono direttamente il servizio. Regione Lombardia non ha usato tutti i finanziamenti a disposizione perché la gestione dell’assistenza domiciliare è quasi totalmente erogata da soggetti privati».

 

Come mai a suo giudizio?

«Il modello organizzativo lombardo, basato sulla commistione tra pubblico e privato, dove il privato risulta quasi monopolista nella gestione di moltissimi servizi, ha quindi influito negativamente in un momento gravissimo come quello della pandemia. Proprio in questi giorni abbiamo discusso di assistenza domiciliare con l’assessorato al Welfare. Entro agosto le regioni dovranno assumere i nuovi criteri di accreditamento per l’erogazione dell’Adi. L’auspicio è che Regione Lombardia indichi alle Asst di attivare con urgenza la gestione diretta del servizio, anche attraverso l’utilizzo dei 26 milioni rimasti inutilizzati».

 

Come è la situazione nelle Rsa invece?

«La situazione che si prospetta è veramente esplosiva: da una parte i bilanci familiari già messi in ginocchio dagli aumenti delle bollette e dei generi alimentari, dall’altra l’approssimarsi dell’inizio della scuola che comporterà ulteriori aumenti sui libri scolastici: chi potrà sostenere gli aumenti annunciati (e in alcuni casi già applicati) dalle RSA? I rincari sulle rette delle RSA stanno di ventando sempre più insostenibili per le famiglie. Oggi ricoverare un anziano in una RSA costa alle famiglie mediamente 2.000 euro al mese e la pensione non basta. La mancanza di una legge sulla non autosufficienza che garantisca i livelli essenziali delle prestazioni e l’assoluta inadeguatezza dei servizi domiciliari assistenziali lombardi mette le famiglie con le spalle al muro».

 

Che effetti produrrà questa situazione?

«Dall’inizio della pandemia, nonostante le risorse economiche che in più riprese Regione Lombardia ha stanziato al settore, le rette hanno già subìto aumenti, dovuti ai costi di sanificazione. Ora però si sta parlando di ulteriori, possibili aumenti  che possono arrivare fino a 10/12 euro al giorno! E’ chiaro che si stratta di costi che le famiglie non possono affrontare. Stanno così aumentando i casi di insoluti che vanno poi inevitabilmente a gravare sui bilanci comunali, sottraendo risorse preziose che potrebbero essere destinate ad altri interventi socio assistenziali, riducendo quindi la capacità delle amministrazioni comunicali di rispondere ai bisogni emergenti».

 

Come intendete muovervi?

«SPI Cgil Lombardia sta chiedendo da circa un anno all’Assessorato alla Sanità la convocazione del tavolo congiunto con gli Enti gestori e i Comuni. Ad oggi questa richiesta è rimasta inascoltata, ma ora siamo di fronte ad una vera e propria emergenza! E’ necessario che Regione Lombardia intervenga con risorse adeguate vincolandole all’impegno delle strutture che non devono procedere ad ulteriori aumenti a carico delle famiglie. Lo scorso anno il sindacato dei pensionati unitariamente ha raccolto ben 27.000 firme a supporto delle nostre proposte di riforma delle RSA. Ad oggi l’amministrazione regionale le ha colpevolmente e volutamente ignorate scaricando gli oneri e le colpe sugli altri livelli».

 

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